Già annullare il campionato era una cazzata. Figuriamoci chiedere sobrietà per il 25 aprile.
Chiedere sobrietà per la Liberazione è un’offesa alla storia e a chi ha combattuto per darci la possibilità di essere liberi. Anche liberi di non credere. Anche liberi di giocare a calcio.
Premessa: a me dell’industria del calcio non interessa nulla. Amo il calcio come sport ma non sono tifoso, non guardo le partite e non mi cambia la giornata se qualcuno vince o perde.
Ma proprio per questo posso dirlo con ancora più lucidità: trovo surreale, ipocrita e profondamente scorretto il modo in cui si è gestita la morte di Papa Francesco da parte delle istituzioni italiane. Una gestione che mostra, ancora una volta, come in Italia lo Stato laico sia una bella favola da citare a intermittenza.
L’impatto sull’industria del calcio
Dopo il rinvio delle partite di Serie A della 33ª giornata, è arrivata la mannaia anche sulla 34ª. Sabato si sarebbero dovute giocare Inter-Roma e Lazio-Parma, ma la Protezione Civile ha deciso diversamente: tutto sospeso. E pazienza se la Lega Serie A aveva manifestato l’intenzione di andare avanti. La politica ha parlato: “Le partite sono sospese”, ha dichiarato il ministro Musumeci.
Ora, dietro a una partita di calcio ci sono tifosi che hanno già speso soldi per viaggi, biglietti, alberghi. Persone che hanno preso ferie, che si sono organizzate con largo anticipo. Ci sono lavoratori (steward, addetti alla sicurezza, baristi, tecnici, giornalisti, operatori TV) che contavano su quelle ore di lavoro. C’è un intero ecosistema industriale che muove milioni di euro.
E tutto questo viene sacrificato sull’altare di un lutto religioso. Non per un’emergenza di ordine pubblico, non per un cataclisma, ma per un funerale.
Cinque giorni di lutto nazionale
Il governo italiano ha proclamato cinque giorni di lutto nazionale per la morte di Papa Francesco, una decisione presa dal Consiglio dei ministri su spinta diretta della presidente Giorgia Meloni, superando la proposta iniziale di tre giorni (come avvenne per Giovanni Paolo II).
Il lutto, che durerà fino al 26 aprile, coinvolge simbolicamente anche il 25 aprile, festa della Liberazione. Il cerimoniale di Stato prevede per questi giorni bandiere a mezz’asta, impegni pubblici cancellati per i membri del governo, possibilità di chiusura per negozi ed esercizi commerciali, e la sospensione o riduzione di eventi pubblici, culturali e sportivi. Tuttavia, non comporta obblighi per i privati, sebbene venga suggerito un tono di raccoglimento.
Le dichiarazioni assurde sul 25 aprile
In questo contesto è arrivata la dichiarazione del ministro Musumeci, che ha chiesto che le celebrazioni del 25 aprile si svolgano “con la sobrietà che la circostanza impone”.
La festa della Liberazione. Una ricorrenza che dovrebbe unire tutti sotto il tricolore, e che invece viene messa sotto osservazione: il ministro Musumeci ha chiesto "sobrietà" nei festeggiamenti. Sobrietà. Perché commemorare la fine del fascismo, la libertà riconquistata col sangue, la nascita della nostra democrazia repubblicana, non dev’essere "troppo". Meglio contenersi. Magari sussurrare un "viva l’Italia" a bassa voce, che non si dia fastidio a nessuno.
Un Paese “malato”
C’è qualcosa di profondamente malato in tutto questo.
La Repubblica Italiana è uno Stato laico.
Eppure la presenza del Vaticano nella vita pubblica del nostro Paese resta invasiva, condizionante, fuori tempo.
Nessuno contesta il dolore di milioni di credenti, ci mancherebbe. Ma uno Stato moderno non si inchina, non si blocca, non rinvia le partite perché lo impone un cordoglio religioso. E soprattutto, non svilisce il 25 aprile, una festa civile, laica e antifascista, con appelli alla moderazione che puzzano di revisionismo e sottomissione culturale.
Serve un atto di consapevolezza collettiva. Serve che qualcuno dica ad alta voce che la morte di un Papa non è un affare di Stato. E che la Liberazione lo è. Serve che lo sport non venga più gestito con le forbici dell’ipocrisia e che la politica si ricordi che governare un Paese non significa compiacere il Vaticano ma rispettare i cittadini, tutti, credenti e non credenti, juventini e romanisti, chi va in processione e chi in corteo.
Perché se il lutto diventa legge e la festa della libertà un fastidio da contenere, allora vuol dire che qualcosa è andato storto. E non da ieri.
La morte di un Papa non è un evento che deve fermare l’Italia.
E chiedere sobrietà per la Liberazione è un’offesa alla storia e a chi ha combattuto per darci la possibilità di essere liberi. Anche liberi di non credere. Anche liberi di giocare a calcio.